Se vi aspettate un nome e un cognome siamo spiacente ma non è dato saperlo. Quello che sappiamo per certo è che il formaggio per come lo conosciamo oggi deriva da una lunga serie di tentavi e perfezionamenti cominciata in tempi antichissimi, quando l’uomo iniziò l’attività di domesticazione degli animali e l’utilizzo del latte come bevanda che però non si conservava più di un giorno. Dobbiamo dunque dar merito dell’invenzione del formaggio al problema della conservazione del latte? Sembrerebbe di si. Intorno all’anno 1000 il quesito venne ai monaci che vivevano le abazie della Pianura Padana.
Il problema della conservazione del latte era risolto con la creazione di formaggi a pasta morbida ma duravano ancora un periodo troppo breve per loro e per il popolo che viveva di formaggio. Arriviamo quindi al 1135 quando nell’abazia di Chiaravalle i monaci decisero di stagionare più a lungo il formaggio creandone uno a pasta dura. Fu così che nacque il Caseus Vetus che significava formaggio vecchio, ma il popolo non conosceva il latino e lo ribattezzò formaggio di grana o più semplicemente grana. Con il tempo il processo si diffuse e al nome grana venne aggiunto il luogo in cui veniva prodotto, da lì il Grana Padano.
Risulta essere invece da attribuire agli svizzeri la nascita dell’Emmentaler che risale al XII secolo e precisamente durante la stagione estiva, quando le famiglie contadine del Cantone di Berna producevano questo particolare formaggio utilizzando latte crudo di mucche nutrite esclusivamente con erba e fieno. La sua fama crebbe così tanto nel tempo ad arrivare addirittura ad ispirare nel 1955 la creazione di un nuovo formaggio, il Fontal.
Varie storie invece raccontano la nascita del Tilsit: Tutte raccontano di casari emigrati dal proprio paese, c’è chi racconta svizzeri avventurieri, chi di impavidi olandesi, per cercare fortuna nelle terre prussiane. Si racconta che arrivati nella città di Tilsit, avviarono la produzione di un particolare formaggio dalla pasta semidura provando ad imitare i formaggi della loro terra d’origine. Dopo alcuni anni rientrarono in patria con questo nuovo formaggio che ebbe subito un grande successo. L’invenzione del formaggio è dunque ricollegabile sia a tempi remoti che recenti in tutto il mondo, ma ciò che da italiani può renderci fieri è che gli strumenti più antichi per la lavorazione del formaggio sono stati ritrovati vicino a Cremona e risalgono al periodo neolitico.
Come si fanno i formaggi
Vi siete mai chiesti come si fa a fare il formaggio? Certo, con il latte. Ma poi? Il dizionario lo definisce come il prodotto che si ottiene dalla coagulazione del latte. Grassi e proteine del latte vengono fatti passare dallo stato liquido a quello semisolido, detto cagliata. Esistono due tipi di coagulazione: quella acida, usata soprattutto per i formaggi freschi, è il risultato dello sviluppo di alcuni batteri lattici o innesti che acidificano il latte. La coagulazione enzimatica prevede invece l’aggiunta del caglio, una sostanza estratta dallo stomaco di vitelli e agnelli.
A questo punto la cagliata viene rotta in tanti pezzi per consentire al liquido interno di fuoriuscire. Per i formaggi a pasta dura la cagliata va rotta in piccoli pezzi, mentre per quelli a pasta molle occorrono pezzi più grossi. A questo punto, per i formaggi cotti o semicotti, si passa alla fase della cottura: la cagliata viene riscaldata per 15-90 minuti (a seconda del formaggio) a temperature comprese tra i 38 e i 60 °C. Fontina e Provolone prevedono temperature di cottura inferiori ai 38 °C, mentre Grana Padano, Parmigiano Reggiano ed Emmenthal prevedono temperature che superano i 48°C.
Successivamente la cagliata viene collocata in stampi specifici che daranno la forma…al formaggio. Si passa poi alla salatura: le forme vengono sistemate in ambienti con temperature inferiori ai 15 °C e salate per alcune ore (formaggi a pasta molle) o per giorni (a pasta dura).
Dopo la salatura, si passa alla maturazione e quindi alla stagionatura. Le forme vengono stipate in locali dove la temperatura e l’umidità sono tenute sotto controllo. Qui entrano in gioco enzimi, muffe e batteri che operano trasformazioni microbiche che caratterizzano il sapore dei diversi formaggi.
La stagionatura può durare da qualche settimana fino a due o quattro anni e più. Crescenza e taleggio richiedono una stagionatura massima di 20-40 giorni, Fontina e Gorgonzola massimo 6 mesi. Il Parmigiano Reggiano viene stagionato da un minimo di 12 mesi e a un massimo di tre. Di Grana Padano ne esistono tre varianti: quello stagionato dai 9 ai 16 mesi, quello oltre i 16 e quello stagionato almeno 20 mesi (Grana Padano Riserva).
Alcune curiosità: per ogni forma di Parmigiano Reggiano vengono impiegati 600 litri di latte scremato della mungitura della sera e della mungitura del mattino. Il latte viene versato in caldaie di rame a forma di campana rovesciata, arricchito con caglio naturale e siero innestato. Per il Grana Padano viene utilizzato latte crudo di vacca proveniente da non più di due mungiture giornaliere. E i formaggi coi buchi, come l’Emmental? L’anidride carbonica che si sviluppa durante la maturazione si deposita in alcune parti formando i buchi. L’acido propionico che si sviluppa durante la stagionatura (8 mesi circa) ne determina invece il sapore dolciastro. Il Fontal è ottenuto con latte vaccino pastorizzato cui viene aggiunto il caglio e alcuni fermenti lattici. La salatura avviene per immersione in salamoia, mentre la stagionatura dura tra i 40 e i 60 giorni, a 8 o 10 gradi.
Cosa sono i falsi formaggi
Sono numerosi i formaggi DOP imitati in varie parti del mondo: dal Grana Padano dell’Europa dell’Est al Pecorino Sardo falsificato negli Stati Uniti, in Cina e in Argentina, ma anche Asiago, Emmental, Camembert e molti altri. Quali sono i formaggi più imitati, in cosa differiscono dagli originali e come è possibile accorgersi dei prodotti contraffatti?
Avete mai sentito parlare di Italian Sounding? No, non si tratta di un nuove genere musicale nostrano, ma di una tendenza alla contraffazione che sfrutta i nomi di alcuni prodotti tipici alimentari Made in Italy. Un fenomeno che riguarda anche i formaggi italiani e che si declina in prodotti dai nomi improbabili per noi, ma accattivanti per chi in fatto di prodotti caseari non possiede né l’orecchio né il gusto assoluto.
In giro per il mondo si trova di tutto: Parmesan e Parmesano, Grana Parrano, Real Asiago, Romano Cheese e Regianito. Per chi se ne intende e per chi ha buon gusto, si tratta di prodotti che poco o nulla hanno a che fare con gli originali DOP che tentano di plagiare. Prima di tutto perché DOP significa che manodopera e materie prive arrivano esclusivamente da una determinata regione.
Ad esempio, uno dei formaggi italiani più imitati all’estero è il Pecorino Sardo: in Argentina e in Cina si trova “pecorino” prodotto non con latte di pecora, ma con latte normale. Il fenomeno della falsificazione riguarda naturalmente anche il Grana Padano, il prodotto DOP più venduto al mondo. I danni provocati alla produzione originale ammontano a un miliardo di euro e derivano da formaggi provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est. Per tutelarsi bisogna osservare la crosta: deve essere impresso un quadrifoglio, che certifica la provenienza della forma indicando la sigla della provincia e il numero di matricola del caseificio di produzione. Sullo scalzo del Grana Padano venduto a pezzi devono essere impresse le parole “Grana” e “Padano”, mente le buste di grattugiato devono anch’esse riportare il marchio il marchio e gli estremi dell’autorizzazione alla riproduzione rilasciata dal Consorzio di Tutela.
L’Italia però non è l’unico Paese a subire la falsificazione dei suoi più prestigiosi prodotti caseari. Ispirati (per usare un eufemismo) ai più celebri formaggi francesi ci sono il Camembert, il Brie e il Roquefort. Con il latte della Normandia, celebre regione nel Nord della Francia, si produce il Camembert originale, mentre “versioni alternative” provengono da altri distretti francesi, da Svizzera, Germania, Olanda e Belgio.
La contraffazione casearia non si limita però a Italia e Francia. Della celebre Feta greca, prodotta con un misto di latte di capra e pecora e dal colore bianco, esistono diverse varianti. In altri Paesi viene prodotta un formaggio simile alla Feta utilizzando però latte di mucca e coloranti artificiali per conferirgli un colore bianco. Ma l’effetto dura poco e la Feta taroccata assume presto un aspetto giallastro.
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